chi sono

In principio: mettersi a fuoco

1960. Bologna. È il mio turno. Quarto di 7 fratelli. Esattamente mediano…tanto fratello minore quanto fratello maggiore, tanto vessato quanto vessatore…

 Medio è anche il titolo degli studi che riesco a raggiungere, non senza fatica…a 15 anni, pluribocciato in terza media e con tanto fuoco dentro da pensar bene con un amico di provare a darmi fuoco anche da fuori.

Viste le premesse, quale scelta migliore del liceo per confermare che la messa a fuoco è ancora da regolare… riesco a farmi bocciare persino in una di quelle scuole in cui si paga per farsi promuovere…è stato allora che mio padre ha detto STOP.

Gli anni in Germania: l’esposizione alla luce

Vengo spedito a imparare il tedesco: prospettiva buia, 2 anni di scuola in Germania, senza un amico né un’amica e in un paese ubicato nel nulla più assoluto. Invece, colpo di scena. 
In 6 mesi do gli esami dei 2 anni e finisco.

Ma la Germania è ancora nel mio destino.

Tornato a casa infatti, la mia adorata mamma mi accoglie con un potente abbraccio, mio padre con la più classica delle domande: “cosa vuoi fare da grande?”

Dopo un breve ragionamento la risposta: il FOTOGRAFO.
Penso alle donne, alla bella vita senza regole….Blow-Up!

Fatto e deciso. Torno in Germania e dopo una settimana inizio a lavorare in uno studio fotografico bellissimo, a Monaco.
Il titolare, nonché mio primo maestro si chiama Helmut Bergthold, per molti non è nessuno ma nel 1979 lui è il più grande e bravo fotografo di birra.

Niente Blow up, niente donne, nè modelle, nè jet set, ma molto di più per il mio futuro: Helmut scatta solo con il banco ottico, rigorosamente Sinar 20×25, all’inizio mi fa solo guardare, e io, esterrefatto, lo osservo mettere le luci. Guardo e imparo, imparo tutto. Si scatta con pellicola o lastre, non esiste Photoshop, per fare i riflessi dietro un calice di birra Helmut posiziona una volta 18 piccoli specchietti: una magia, se guardi in macchina non li vedi, ma il calice di birra si infiamma.

Dopo quasi 2 anni, Helmut prende come cliente la OBI: scattiamo in un loro magazzino, io continuo a essere affascinato da tutto, tanto che ancora oggi, con le attrezzature di oggi, quando scatto in location, ripeto le cose che ho imparato da Lui. ILLUMINAZIONE

Milano, Rimini, Bologna: regolare i mezzitoni

La Germania mi ha fatto riflettere molto sul futuro: chiedo ai miei 1 anno sabbatico e privatamente faccio 2 anni in 1 e vengo promosso, in un liceo Statale.

Ma sto imparando un mestiere: voglio fare il fotografo e proseguo nel percorso. In uno studio di Bologna imparo a fare l’assistente e apprendo come bisogna parlare con i clienti.

Poi con un piccolo portfolio arrivo nella meravigliosa Milano da bere e entro in un’agenzia per assistenti. Ogni giorno con fotografi diversi, ricomincio a imparare mille cose, una su tutte, la più importante: quando potrò, saprò anch’io come gestire un assistente. Le sgridate che mi sono preso in tutte le lingue non posso dimenticarle, salvato dall’educazione che mi hanno insegnato i miei genitori.

Ormai sono pronto per il prossimo passo e insieme a Carlo, amico, collega e ora anche socio, apriamo il primo studio a Rimini. L’esperienza romagnola ci porta 3 anni di buon lavoro, dopo i quali torniamo a Bologna dove apriamo un secondo studio, molto chic, continuando a lavorare sempre in coppia. Ci facciamo conoscere, il lavoro aumenta e uno dei miei sogni si avvera: sempre nei pressi del centro di Bologna, prendiamo una vecchia fabbrica di penne stilografiche … bellissima, un loft di 500mq, Blow Up ritorna a galla.

Fondiamo allora il Toscana Photografic Workshop, oggi più noto come TPW, ma è qui che con Carlo ci salutiamo: lui cura la scuola ed io continuo a fare il fotografo. DA SOLO.

Penne stilografiche, modelle o bambini: l’importanza di soggetto e composizione

I miei padroni di casa, producono penne stilografiche preziosissime, le OMAS e mi affidano la loro immagine. Foto difficilissime, ma entro in empatia, il mio occhio complice, e si instaura un colloquio privato tra il soggetto e me.

Siamo ancora con l’analogico, niente postproduzione, quindi in quegli anni metto insieme tecnica, grinta e capacità dialettica.

Poi una telefonata:
• “buonasera, sono Armando Testa
• “Io seriamente odio gli scherzi come le sorprese: sono Adriano Celentano”

Ma all’altro capo della cornetta c’è veramente Armando Testa, veramente in riunione con il Cav. Catelli e mi chiede veramente di raggiungerli l’indomani alle 9.30 a Fino Mornasco quartier generale della Chicco con il mio Book.

Panico il Book. Ossessione compulsiva per ogni fotografo, figuriamoci per me che nemmeno ne ho uno. Ma la grinta e una notte insonne passata a tagliare e incollare le pagine dei cataloghi realizzati per la WP con tutta una serie di still-life di abbigliamento per bambini, mi fanno arrivare puntuale e con il mio Book all’appuntamento in Chicco.
Mi scelgono tra concorrenti di fama mondiale perché nel mio lavoro trovano precisione, amore e cura delle luci e in me trovano fiducia come persona.

Lavorare con loro è una palestra incredibile: fotografo bimbi da 0 a 36 mesi e per farlo devo essere VELOCE, DELICATO, PRECISO, PAZIENTE.

Nuovo step: grandangolo e ritratti

Ho un’agente. Mi sceglie perchè vede oltre la mia confusa fantasia un fotografo visionario, creativo, naif. Anna Pia è brava nel suo mestiere: cerca il lavoro adatto alle mie corde, gestisce gli imprevisti…Mi protegge.

E io, grazie a questo meraviglioso lavoro, giro mezzo mondo, vedo e faccio cose incredibili per fotografare soggetti incredibili come nei numerosi viaggi intrapresi su commissione della WP Lavori in corso.

Immortalo dal pattino di un elicottero un altare atzeco incastonato nella roccia in Chiapas; seguo un gruppo di alpinisti in ascesa, completamente imbragato sulla schiena di un mulo e con il fuori programma dell’arrivo di un’arpia alta più di un metro e ottanta e con artigli lunghi come un 46 di scarpa. Scendo 200 metri sotto terra per fotografare un’antica città sepolta. E in Michigan entro in un carcere di massima sicurezza dove pluriergastolani con pallottole al posto degli occhi producono i Prison Blues, i jeans della WP “fatti dentro per essere portati fuori”.

Ecco fotografo i visi. I ritratti. Come quelli dei personaggi che ho immortalo insieme ai loro amici a 4 zampe per una campagna contro l’abbandono degli animali.

Giorgio Armani con il suo gatto, Fiorello con il suo cane, Paola Barale sulla sua Harley Davidson e legato dietro il trasportino di Luis Vitton con dentro Schwarzy e Brigida, il generosissimo Luca Laurenti con i suoi bellissimi cagnoni, Giannini…bello! E bello anche il suo lupo, Martina Colombari con un gatto siamese dagli occhi identici ai suoi e Alena Seredova con un doberman grande come lei e tanti altri amici importanti.

Ecco la mostra di tutti questi personaggi viene allestita nello spazio mostre di Giorgio Armani, dove solo i più grandi hanno esposto: prima della mia, c’è una personale di Helmut Newton. Non prendo un euro, data la committenza di una Onlus, ma la soddisfazione di quella Vernice mi ha arricchisce di una gioia che non si può pagare! UNBELIEVABLE.

Hic et nunc: ma la foto più bella sarà la prossima

Poi il digitale ha stravolto tutto: io ho resistito fino all’ultimo, ma alla fine ho alzato le mani.

Ora è tutto più semplice: colleghi più giovani non si preoccupano delle luci, di una piega o di un ciuffo, tanto c’è la post… ecco la postproduzione è una cosa che cerco di non fare, per una questione quasi di orgoglio personale.

Se lo scatto non va, la foto non va, anche dopo ore di ritocco: è una mia profonda convinzione che, con mio grande orgoglio, mi stanno riconoscendo grandi realtà con cui collaboro, dall’Accademia di Brera di Milano, alla Fashion Research Italy, alla Laurent-Perrier.

Nel mio campo si dice che la foto più bella sarà la prossima, ma quando ho fotografato in casa sua, un museo potete immaginarvelo, accovacciato sotto la sua scrivania, la Signora Rita Levi Montalcini, morta pochi giorni dopo, io mi sono alzato, lei mi ha ringraziato……I MIEI OCCHI SI SONO ALLAGATI.

 

L.M.C